Stiamo lavorando all’Ai dotata di coscienza

Angela Pietrantoni e Genséric Cantournet, ceo e chairman di Kelony ® .

 

Intelligenza artificiale (Ai), tecnologie, progresso e nuovi modelli di crescita rappresentano una rivoluzione globale e tuttavia poco conosciuta. Per chiarire, esplorare i vantaggi e i rischi di questo nuovo mondo che si sta affermando sotto i nostri occhi, BePrivate ha parlato con Angela Pietrantoni e Genséric Cantournet, rispettivamente ceo e chairman di Kelony® .

Di cosa si occupa Kelony ®?

Angela Pietrantoni: «Progettiamo modelli matematici e algoritmi all’avanguardia dell’innovazione. Ci distinguiamo principalmente per ArdTM, la nostra Ai detta biomimetica o neuromorfica. Parole tecniche per dire che si adatta in tempo reale a condizioni mutevoli nel tempo. Questo tipo di Ai è molto più rapido, perché non si basa su serie storiche e permette di anticipare evoluzioni future. Non ha quindi tempi di latenza per necessità di “apprendere” da schemi del passato. Ci distinguiamo anche per il nostro know-how tecnico e le nostre competenze scientifiche, che, come Kelony®, abbiamo scelto di raggruppare per fondare L5PA®, il primo laboratorio di algoritmica avanzata e di alta tecnologia computazionale in Europa. L’obiettivo è guidare il futuro costruendo macchine che possano rafforzare l’uomo e non il contrario. I computer sono ottimi strumenti per fare alcune cose molto velocemente e non altre. L’uomo ha caratteristiche insostituibili che devono essere preservate e rafforzate; l’uomo sa cosa conta davvero, le macchine ancora no, perché devono imparare a capire e comprendere meglio ciò che calcolano. Sfatiamo, quindi, tutti i timori a questo riguardo, poiché il mondo è sfidante e non possiamo preoccuparci di ciò che sa già fare la tecnologia. Noi, invece, ci occupiamo costantemente delle cose che non sa ancora fare». 

Qualche esempio concreto? 

Genséric Cantournet: «Si accede rapidamente ad ArdTM tramite una semplice piattaforma universale.

ArdTM risolve tre tipi di problemi con i quali le aziende si devono confrontare:

1. le società sono sommerse da troppi dati e con poco tempo a disposizione per farli parlare, anche se in realtà la loro redditività dipende da essi;

2. la qualità dei dati è troppo irregolare per essere sfruttata adeguatamente dall’Ai generativa tradizionale;

3. la grande maggioranza delle aziende non ha le competenze interne per adattare e implementare le soluzioni di intelligenza artificiale.

ArdTM è una piattaforma universale che non richiede alcuna forma di integrazione con i sistemi esistenti; ciò la rende facile e veloce da usare, perché naviga su internet permanentemente e si aggiorna in tempo reale. Questo fatto consente di integrare automaticamente i dati aziendali interni incompleti, parzialmente errati o addirittura mancanti. Basta solo dare ad ArdTM le specifiche del settore d’interesse e un punto numerico di partenza: ciò che vogliamo sapere. Le imprese usano ArdTM generalmente per precorrere tendenze di mercato, prezzi, mode o per il digital human sensing, cioè capire i bisogni delle persone e anticiparne le motivazioni, siano esse clienti o dipendenti. In un mondo sempre più digitalizzato, il comportamento umano è in continua trasformazione e per le aziende capire le persone, specialmente in un ambiente dove la digitalizzazione spersonalizza, è fondamentale per ottenere vantaggi competitivi. ArdTM consente, ad esempio, di migliorare la fidelizzazione dei dipendenti, aumentare il desiderio di acquisto dei clienti, prevedere scenari per piani strategici o campagne pubblicitarie e molte altre applicazioni ancora. Tutti questi elementi concorrono ad aumentare la redditività aziendale».

Quali Ai ci sono sul mercato?

Angela Pietrantoni: «Il mercato oggi è soprattutto saturo di Ai generative (intelligenza artificiale “debole”), che però, al di là della loro fama, sono integrate raramente nei processi aziendali, poiché necessitano di molto tempo di apprendimento e di un set di dati pressoché perfetti che in realtà nessuno possiede. Il mondo dell’Ai è in realtà molto vario e sta evolvendo rapidamente. Ma c’è anche l’intelligenza artificiale “forte”, sulla quale stiamo lavorando per fissare i principi, ma, soprattutto, i Valori, con la V maiuscola, che dovranno viaggiare progressivamente insieme ai risultati della tecnologia. Non si tratta solo di principi etici, ma lavoriamo su concrete regole algoritmiche che incidono sul codice delle nostre Ai, cioè sul loro Dna. Gli algoritmi sofisticati che mettiamo in campo puntano a dare senso alle cause degli eventi contenute nei dati. Guidiamo le società a fare la differenza tra strategia e tattica. Occorre usare la tecnologia per cogliere opportunità e dare vantaggi competitivi alle imprese, come ad esempio, l’ottimizzazione per l’allocazione delle risorse».

Come si crea concretamente un’Ai?

Genséric Cantournet: «La progettazione di un’Ai è un processo complesso che richiede una serie di fasi e di competenze. La prima fase corrisponde al perimetro che l’intelligenza artificiale è destinata a risolvere. Contemporaneamente si deve scegliere, o creare se non esiste, il modello matematico, quale base teorica e scientifica per la risoluzione del problema. Questa è una fase cruciale, paragonabile solo alla scelta del blocco di marmo nel quale scolpire l’opera d’arte e sappiamo che Michelangelo si recava personalmente a Carrara, nel 1496, per scegliere la materia prima da utilizzare per realizzare la sua Pietà. La terza fase corrisponde alla costruzione algoritmica dell’Ai sulla base degli strumenti matematici scelti. La quarta è la parametrizzazione dei flussi di dati destinati ad alimentare l’Ai: database, contenuti digitali mainstream, dati macchine e tante altre fonti. Durante la quinta, si procede allo sviluppo dei programmi informatici. È una fase delicata a causa della scelta del linguaggio che verrà utilizzato, perché questa scelta preclude le capacità dell’Ai. Infine, l’intelligenza artificiale viene sottoposta a prove prototipali e a stress-test su valori estremi, per validarne la tenuta e la precisione. La performance viene poi costantemente monitorata secondo un processo iterativo di validazione degli autoaggiustamenti e miglioramenti nel tempo che l’Ai stessa opera sulla base dei risultati ottenuti».

Quanto si è vicini a raggiungere l’Agi (Artificial general intelligence)? 

Angela Pietrantoni: «In Kelony® siamo focalizzati a rendere le tecnologie digitali accessibili a tutti. Lo facciamo perché siamo convinti che solo in questo modo si possa guidare il nostro futuro verso un mondo più sicuro e sostenibile. Il progresso non si ferma, ma va invece guidato. Le macchine sono già più veloci dell’uomo e questo è un dato di fatto, perciò riteniamo che sia sbagliato mettersi in competizione con esse sul fattore velocità. Piuttosto, le Ai devono comprendere meglio ciò che fanno, cioè essere dotate di una forma di coscienza. Per questo motivo, da diversi mesi stiamo lavorando a un prototipo di Agi che abbiamo presentato ufficialmente al World protection forumTM promosso dalla Repubblica di San Marino. Il prototipo di Agi progettato da Kelony® si chiama G0dSpeedTM: è la prima Ai sperimentale dotata di coscienza artificiale che simula un campo fenomenologico dal quale trae un’esperienza soggettiva della realtà, cioè un inizio di coscienza. In L5PA®, il Laboratorio di Kelony®, siamo all’inizio di una nuova era sperimentale che sviluppa il futuro lavorando a un’intelligenza appartenente alla categoria delle Ai dette super intelligenti (artificial superintelligence)». 

Ma quindi occorre essere dei geni per iniziare a lavorare con l’Ai?

Genséric Cantournet: «Tutto il contrario. L’Ai sta diventando di uso sempre più comune nelle nostre vite, anche nell’utilizzo quotidiano del telefonino, dell’automobile, sui siti web ormai ci si è quasi abituati a rispondere ai chatbot. Tuttavia è ancora difficile porre le domande giuste alle Ai ed è la ragione che ci spinge ad andare sempre verso una maggiore precisione nella loro creazione. Le nostre Ai partono da un approccio e una tecnologia che si distingue poiché è nativamente predittiva. È una tecnologia di base militare che, come tutte quelle con questa origine e di uso pubblico, hanno sempre dato un utile contributo nel facilitarci la vita: basti pensare al Gps, alla criptografia e a internet. L’unica variante fondamentale è il tempo. Ogni giorno che passa, infatti, è un giorno perso per chi non ha ancora cominciato».

A che punto sono le aziende nell’utilizzo dell’Ai?

Angela Pietrantoni: «C’è una richiesta sempre crescente anche nelle aziende che non appartengono al settore tecnologico. Il nostro impegno consiste nel tradurre matematicamente i loro problemi in qualcosa di utilizzabile in modo molto semplice. Un esempio concreto di imprenditori all’avanguardia è, ad esempio, il Salumificio Fratelli Beretta, che è venuto a cercarci per testare lo spot per una campagna pubblicitaria di un prodotto».

Siamo partiti dall’approccio predittivo

Tra le società che utilizzano l’intelligenza artificiale predittiva c’è una delle più classiche aziende italiane di salumi: la Fratelli Beretta. A parlare di questa esperienza, destinata a prendere sempre più spazio, è Giorgio Beretta, azionista e direttore generale del marketing.

Qual è il profilo della vostra azienda?

Giorgio Beretta: «Abbiamo oltre 210 anni di storia. Il nostro brand è sinonimo di italianità nel mondo, di famiglia, di innovazione. Il gusto della tradizione, la ricerca costante dell’eccellenza, il servizio al consumatore sono i driver del gruppo da otto generazioni. La Fratelli Beretta è nata nel 1812 a Barzanò, in Brianza, da un semplice negozio di salumeria. Oggi è un gruppo da 1.087 milioni di euro di fatturato, con 29 siti produttivi nel mondo, 3.500 dipendenti e una distribuzione capillare che rende i nostri prodotti disponibili per i consumatori di ogni latitudine; oltre che sul mercato italiano, è presente in oltre 70 paesi nel mondo. Il suo assortimento conta oltre 500 referenze a marchio proprio tra le quali 19 produzioni Igp/Dop».

Come è cambiata l’azienda negli anni?

Giorgio Beretta: «Da piccolo laboratorio di lavorazione carni, la società è costantemente cresciuta nel corso dei decenni e poi dei secoli, assumendo una dimensione industriale nel primo dopoguerra. La grande attenzione all’innovazione, sia intesa come sviluppo tecnologico, sia in rapporto alle tendenze di mercato, ha portato il gruppo Beretta alle attuali dimensioni». 

L’Ai ha potenzialità non ancora esplorate e, per questa ragione, a volte è guardata anche con circospezione. Qual è il suo punto di vista?

Giorgio Beretta: «Indubbiamente siamo agli albori di questa “avventura” con moltissime incognite evidenziate anche da alcuni addetti ai lavori, ma non possiamo ignorare che questa strada è ormai tracciata e Beretta, pur operando in un mercato tradizionale, da sempre si caratterizza per una capacità innata di innovare. Nello specifico, abbiamo cercato di affrontare questo tema con la maggiore apertura e neutralità possibile. Il fatto che ci si sia affidati all’approccio predittivo e non a quello generativo ci ha consentito di iniziare con una certa gradualità e facilità».

Perché ha deciso di ricorrere all’Ai per testare uno spot pubblicitario?

Giorgio Beretta: «Con l’avvento delle neuroscienze, le metodologie di analisi delle nuove campagne pubblicitarie negli ultimi anni si sono evolute in maniera significativa, ma l’approccio di Kelony® ci ha fornito grande flessibilità e velocità consentendoci di valutare a più riprese il processo di sviluppo della campagna, partendo da un primo test effettuato sull’idea creativa per giungere infine alla valutazione dello spot definitivo. Ogni analisi ha richiesto pochi giorni di elaborazione, per cui siamo stati in grado di apportare i correttivi che l’Ai ci suggeriva in tempi molto ristretti e di finalizzare rapidamente il nostro spot».   

Come avete maturato la vostra decisione?

Giorgio Beretta: «Sono un imprenditore curioso e la nostra azienda è sempre all’avanguardia. Ero desideroso di approfondire il tema dell’intelligenza artificiale e di questi algoritmi di cui avevo sentito parlare, che sono in grado di interconnettere l’insieme dei dati online disponibili, a mano a mano che vengono creati, per rivelare nuove associazioni di idee e tendenze di fondo che stanno emergendo. Infatti, in un mondo che cambia sempre più velocemente, le previsioni dell’Ai sono decisamente necessarie». 

Nella gestione della sua azienda, usate l’Ai anche in altri ambiti?

Giorgio Beretta: «Le potenzialità di questo strumento sono elevatissime, l’Ai predittiva si applica a una serie di ambiti aziendali disparati e non solo per le campagne marketing, ma anche per per orientare ancora maggiormente la società verso i nostri obiettivi di sostenibilità, sui quali siamo impegnati già da anni e che potrebbero quindi essere sostenuti dai risultati dell’Ai. Stiamo quindi valutando nuovi approcci su ambiti trasversali. Per la nostra impresa è solo l’inizio della pervasività dell’intelligenza artificiale nei processi produttivi a sostegno delle attività umane».

Pinuccia Parini

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Responsabile Clienti Istituzionali Fondi&Sicav

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