Un modo per cambiare la vita

Stare bene con sé stessi e con il proprio corpo è un tema più che mai attuale in un mondo in cui l’età media della popolazione è in aumento. Non si tratta solo di individuare seduta stante una formula che possa rispondere alle esigenze dei singoli individui, bensì di educarli ad affrontare un percorso che inizia con le nuove generazioni e che non si limita alla sola alimentazione. A parlare di questo tema sono  Romina Cervigni, responsabile scientifico, e Rita Bonzio, a capo delle attività di fundraising, marketing e comunicazione, entrambe della Fondazione Valter Longo. 

Perché è nata la Fondazione Valter Longo? 

Rita Bonzio: «La Fondazione Valter Longo Onlus è stata istituita con l’obiettivo di promuovere la ricerca scientifica e l’educazione sul tema della salute e della longevità, ispirandosi ai principi della “dieta della longevità” sviluppata dal professor Valter Longo. La Fondazione si impegna a divulgare conoscenze e pratiche che possano migliorare la qualità della vita e allungarne l’aspettativa, contribuendo così a una società più sana. Uno degli aspetti fondamentali della Fondazione è l’attenzione verso le nuove generazioni. Per questa ragione, promuove iniziative dedicate ai bambini e ai giovani, insegnando loro l’importanza di una corretta alimentazione e di uno stile di vita sano fin dalla tenera età. Attraverso programmi educativi, laboratori e campagne di sensibilizzazione, si cerca di formare una consapevolezza alimentare che possa accompagnarli per tutta la vita.Inoltre, la Fondazione sostiene progetti di ricerca innovativi che esplorano l’impatto della nutrizione sulla salute, con particolare focus su importanti patologie non trasmissibili e sulla prevenzione. Questo impegno non solo mira a migliorare la vita degli adulti, ma anche a garantire un futuro più sano ai bambini, affinché possano crescere con abitudini alimentari corrette e una migliore comprensione del proprio benessere».

L’idea originale che ha dato vita alla Fondazione era di “portare la creatività all’interno della scienza e della medicina”, per usare le parole del suo fondatore. Che cosa significa?

Romina Cervigni: «Portare creatività nella scienza e nella medicina significa guardare oltre i paradigmi tradizionali, esplorare nuove vie per migliorare la salute e la longevità. Per noi, creatività è anche unire la tradizione alla conoscenza scientifica e all’innovazione, cercando soluzioni pratiche e sostenibili che possano essere applicate a tutti, senza perdere di vista la persona e il suo contesto. Questo approccio ci permette di sviluppare metodi di prevenzione e  di intervento che siano accessibili e personalizzabili».

Potrebbe fare qualche esempio?

Romina Cervigni: «Ad esempio, cerchiamo di avere un approccio conservativo, ossia che tiene conto dei gusti, delle abitudini dei nostri pazienti e, allo stesso tempo, delle loro necessità nutrizionali, cercando di costruire un percorso individuale per ciascuno, che sia  soprattutto sostenibile non solo nel breve periodo, ma per tutta la vita, il più a lungo possibile. La dieta non viene intesa quindi come un protocollo standard, ma uno stile di vita da impostare e migliorare, per raggiungere una sana longevità».

Di che cosa si occupa all’interno della Fondazione? 

Romina Cervigni: «Come responsabile scientifico della Fondazione, il mio ruolo principale è supervisionare e coordinare l’assistenza sanitaria in ambito nutrizionale (visite nutrizionali mie e del mio team) e la ricerca scientifica, oltre a garantire che tutte le nostre iniziative siano basate su evidenze solide. Mi occupo anche della divulgazione scientifica, collaborando alla creazione di contenuti educativi e formativi che aiutino le persone a comprendere l’importanza della nutrizione e degli stili di vita per un’esistenza lunga e sana».

La divulgazione è più che mai importante. Avete trovato, da questo punto di vista, particolare sensibilità sull’argomento? 

Romina Cervigni: «La divulgazione può essere intesa come un percorso di educazione nutrizionale, che viene portata avanti, sia sul singolo paziente che inizia un tragitto nutrizionale con noi, sia attraverso campagne di educazione nutrizionale vera e propria, come, per esempio, tramite i webinar che vengono condotti nelle scuole e che mirano a incuriosire, fornire conoscenze, identificare i problemi e trovare soluzioni nell’ambito della salute e dell’alimentazione. Il riscontro è molto positivo. Chi è interessato a dati numerici può consultare le nostre Relazioni di Missione».

Che cosa significa essere responsabile dello sviluppo e della pianificazione delle attività della Fondazione? 

Rita Bonzio: «Comporta organizzare tutte quelle iniziative volte ad aumentare e migliorare il contributo dei sostenitori privati (individui e aziende), per concorrere alla sostenibilità economica e finanziaria della missione e dei progetti della Fondazione. Organizzo e gestisco la comunicazione interna ed esterna, pianifico strategie di comunicazione efficaci per la raccolta fondi, predispongo campagne online e offline e realizzo eventi con le amministrazioni pubbliche e le aziende, in collaborazione con l’area scientifica e l’area programmi». 

Quali sono le vostre attività e quali servizi offrite?

Romina Cervigni e Rita Bonzio: «La Fondazione offre diversi servizi, tra i quali consulenze nutrizionali personalizzate, programmi di educazione alimentare e iniziative di ricerca. Lavoriamo anche con scuole, aziende e istituzioni per diffondere la cultura della prevenzione e del benessere. Inoltre, ci occupiamo di condurre studi clinici nel campo della nutrizione e della longevità, con l’obiettivo di trovare soluzioni che possano migliorare la qualità della vita e prevenire le malattie legate all’invecchiamento. Attraverso queste attività, la Fondazione Valter Longo si propone di essere un punto di riferimento nella promozione della salute e del benessere, contribuendo a costruire una società più informata e consapevole riguardo alla nutrizione e all’importanza di prendersi cura di sé».

 Che cosa significa sapersi nutrire? 

Romina Cervigni: «Sapersi nutrire significa avere consapevolezza di ciò che si introduce nel proprio corpo, fare scelte che non siano solo legate al gusto o alla routine, ma basate sulle necessità fisiologiche e su ciò che è meglio per la nostra salute nel lungo periodo. Comporta anche adattare la propria alimentazione alle fasi della vita, mantenendo un equilibrio tra i nutrienti essenziali e facendo attenzione a ridurre quegli alimenti che possono accelerare i processi di invecchiamento». 

È solo una questione di dieta? 

Romina Cervigni: «Una vita lunga e in salute richiede un approccio sistemico che includa anche attività fisica, gestione dello stress, relazioni sociali e riposo adeguato. La nutrizione è uno dei pilastri fondamentali, ma deve essere inserita in un contesto più ampio di benessere generale, che considera anche lo stile di vita complessivo». 

Vivere più a lungo, ma vivere bene è una necessità per gli individui e per la società. Come si coniugano nel concetto longevità e stili di vita? 

Romina Cervigni: «Nell’ultimo ventennio, in Italia, l’aspettativa di vita alla nascita è aumentata di 2,83 anni, passando da 79,4 anni a 82,2 anni. Una prospettiva piuttosto elevata, se confrontata con i dati del resto dell’Europa, dove in media si vive fino a 76,3 anni. Tuttavia, la qualità degli anni rimanenti da vivere in buona salute e senza limitazioni è tra le più basse in Europa. In altre parole, pur vivendo in media più a lungo del resto degli europei, gli italiani trascorrono gli ultimi anni in maniera meno sana. A 65 anni mediamente un uomo può aspettarsi di vivere senza malattie “solo” altri 7,8 anni, mentre una donna circa 7,5 anni. Ciò significa vivere gli ultimi 10 anni affetti da un carico di patologie più o meno elevato e invalidante, costituito da malattie cardiovascolari, diabete, tumori e malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. Tuttavia, le scelte quotidiane che facciamo, dall’alimentazione all’esercizio fisico, influenzano direttamente la nostra salute nel lungo termine, in quanto longevità e stili di vita sono strettamente legati. Diversi studi scientifici dimostrano che vivere in modo sano non solo può prolungare la vita, ma anche migliorarne la qualità, prevenendo malattie croniche e garantendo una vecchiaia più attiva e autonoma. Vivere bene significa essere in grado di godere della propria esistenza a qualsiasi età, mantenendo il più possibile l’indipendenza fisica e mentale». 

Perché ci sono le “Blue zone”? 

Romina Cervigni: «Le “Blue Zone” sono aree geografiche del mondo dove le persone vivono significativamente più a lungo rispetto alla media globale. Ciò è attribuito a una combinazione di fattori, tra i quali una dieta sana e prevalentemente vegetale, un’attività fisica regolare, una forte connessione sociale e un atteggiamento positivo verso la propria esistenza. Le Blue Zone dimostrano che lo stile di vita e l’ambiente possono influire profondamente sulla longevità e sul benessere.

Citiamo di seguito quelle più note.

Sardegna (Italia): nella zona montuosa della Sardegna, gli uomini hanno una delle più alte aspettative di vita al mondo, fatto degno di nota, in quanto in genere sono le donne ad avere una longevità più prolungata. La dieta mediterranea, ricca di legumi, cereali integrali e verdure, insieme a una forte rete sociale, contribuisce alla longevità.

Okinawa (Giappone): gli abitanti di Okinawa, soprattutto le donne, sono tra i più longevi del mondo. La loro dieta a base di soia, pesce e verdure e la pratica di attività fisiche leggere, come il giardinaggio, sono fattori chiave che li rendono molto più longevi, anche rispetto agli altri giapponesi che vivono nel resto del Paese. 

Nicoya (Costa Rica): qui, la longevità è legata a una dieta tradizionale di mais, fagioli, frutta e a un forte senso di scopo nella vita, conosciuto come “plan de vida”.

Ikaria (Grecia): gli abitanti di questa isola greca hanno bassi tassi di malattie croniche. La dieta ricca di olio d’oliva, verdure e legumi, insieme a una vita quotidiana attiva, aiuta a promuovere la longevità. Ikaria è nota anche come “l’isola dove ci si dimentica di morire”, proprio per questo alto tasso di longevità.

Loma Linda (California, Usa): qui una comunità religiosa, nota come gli “Avventisti del settimo giorno”, ha una delle più alte aspettative di vita negli Stati Uniti, grazie a una dieta prevalentemente vegetariana, a un forte senso di comunità e spiritualità, all’astensione dal fumo e all’esercizio fisico quotidiano».

Cosa significa invecchiare in modo attivo?

Romina Cervigni: «Invecchiare in modo attivo significa mantenere un livello di attività fisica e mentale che consenta di preservare l’indipendenza e la qualità della vita. Non si tratta solo di fare esercizio fisico, ma di rimanere coinvolti socialmente, mentalmente ed emotivamente, continuando a coltivare interessi e relazioni. Un invecchiamento attivo aiuta a prevenire malattie legate all’età e favorisce una vita più soddisfacente e appagante».

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Responsabile Clienti Istituzionali Fondi&Sicav

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