È la natura la migliore tecnologia

Stephen Freedman, sustainability and research manager thematic equities, Pictet Asset Management.

Come possiamo definire il 2022 in una parola?

«Una delle parole più rappresentative di questo 2022 è indubbiamente “cambiamenti”. Siamo alla fine di un anno particolarissimo. Molte delle dinamiche che abbiamo registrato in questi quasi 12 mesi sono già diventate pezzi di storia, sia economica, sia politico-sociale, sebbene ancora fatichiamo ad assimilarle. Ci siamo trovati ad affrontare una serie di crisi che si sono col tempo stratificate: la più nota è quella sanitaria, che ancora porta con sé alcuni strascichi. A quest’ultima si sono affiancate una crisi energetica, una guerra vera e una commerciale e i diversi conflitti geopolitici, senza contare la crisi climatica e le preoccupazioni che più in questi mesi hanno catalizzato l’attenzione: l’inflazione e le mosse di politica monetaria che ne sono conseguite per cercare di arginarla. L’apice del cambio di rotta, che ha colto di sorpresa, è stato dovuto proprio alla situazione che le banche centrali si sono trovate a fronteggiare: dopo anni di liquidità offerta quasi gratuitamente al mercato, i governatori centrali di tutto il mondo hanno tirato bruscamente il freno a mano, accanendosi contro il rialzo dei prezzi e, di fatto, contro il mercato che conoscevamo fino alla fine del 2021». 

Come muoversi in una situazione del genere?

«Per loro natura, ogni crisi ci pone davanti a nuove sfide e nuove scelte, che non riguardano solo il nostro operato quotidiano, ma anche l’approccio col quale le affrontiamo. Il nostro ultimo Roadshow 2022 partiva con un video che ci ricordava che, spesso, è proprio dalle crisi che nasce la scintilla che innesca la rivoluzione, che non sempre si traduce in una scoperta, ma che sprona a non farsi travolgere dal cambiamento e a buttare il cuore e la testa al di là dell’ostacolo. Certo, non è semplice. Ecco, allora, che, nell’epoca dell’innovazione, delle transizioni, della corsa contro il tempo, dobbiamo utilizzare il presente per orientarci al migliore futuro possibile: non essere in grado di gestire l’oggi significa essere travolti; ignorarlo porta a perdere in partenza; comprenderlo e saperlo governare comportano guardare in modo costruttivo oltre le crisi. Da oltre 25 anni crediamo che esistano alcune dinamiche trasformative in grado di modellare il mondo in cui viviamo, i cosiddetti megatrend. Rappresentano certezze su che cosa ci riserva il futuro e punti fermi sui quali costruire le strategie dei nostri investimenti. Tutto ciò, restando sempre ancorati alla realtà».

In quale modo i megatrend si intrecciano con la nostra quotidianità?

«I megatrend sono potenti forze socio-economiche, ambientali e tecnologiche che plasmano il nostro mondo. La virtualizzazione dell’economia, la rapida espansione delle città e l’esaurimento delle risorse naturali della Terra sono solo alcune delle tendenze strutturali che stanno trasformando il modo in cui i paesi sono governati, le aziende vengono gestite e le persone vivono la loro vita. Queste tendenze creano opportunità per le imprese con modelli di business ben posizionati, mentre rappresentano un rischio e un ostacolo per coloro che non sanno cogliere il cambiamento e cavalcarlo. Per essere classificato come megatrend, un fenomeno deve avere il potenziale per esercitare un impatto duraturo su buona parte dell’economia globale in un orizzonte temporale di almeno un decennio. Deve essere in grado di stimolare una crescita a lungo termine in settori economici significativi o di determinare uno spostamento delle opportunità di business da un gruppo di settori economici a un altro. Per loro natura, i megatrend sono un concetto dinamico, che si evolve nel tempo e i cui effetti si manifestano in periodi diversificati. Un esempio chiaro ci arriva dalla pandemia. Ebbene sì, ancora lei. Le nostre abitudini di vita sono state profondamente trasformate dal Coronavirus. Alcuni settori industriali si sono trovati al collasso, altri in auge come non mai. Ogni sfera dell’esistenza è stata toccata da questo evento epocale, che non ha impattato solamente i mercati finanziari e l’economia, ma anche la nostra sfera personale, le nostre interazioni sociali, le nostre libertà e le abitudini di vita e di lavoro. Nuove dinamiche si sono fatte largo: ci siamo trovati a essere protagonisti di una fase di trasformazione dirompente della quale comprenderemo appieno le conseguenze e i nuovi equilibri solo nel tempo». 

Come si riconosce una forza secolare da un trend di breve periodo?

«Una chiave caratteristica dell’investimento azionario tematico di Pictet Asset Management è l’attenzione verso quelle aree dell’economia che crediamo possano fornire prospettive di crescita superiori nel lungo termine. Identificare, analizzare e monitorare i fattori di crescita secolare è un compito complesso, che richiede un’ampia gamma di competenze specifiche. Per individuare queste forze secolari, ci avvaliamo del supporto degli esperti del Copenaghen Institute for Futures Studies (think tank globale e società di consulenza), con il quale abbiamo elaborato un quadro di riferimento su due livelli: sei cluster, che rappresentano le aree di appartenenza di ogni megatrend e un totale di 21 forze secolari. Passandole brevemente in rassegna, forze quali virtualizzazione, intelligenza artificiale, interconnessione, nuovi materiali e scienze naturali fanno tutte parte della categoria tecnologia e scienza; qualità ambientale, cambiamento climatico, scarsità delle risorse, biodiversità rientrano sotto la voce ambiente; tensioni geopolitiche e deglobalizzazioni sono connesse alle dinamiche di governance, alle quali fa seguito il cluster dell’evoluzione demografica dato da urbanizzazione, cambiamento generazionale e dinamiche delle popolazioni (crescita e migrazioni). Chiudono il quadro il cluster della società, in cui rientrano autodeterminazione, lotta alle disparità e focus sulla salute, e il cluster dell’economia, che riguarda il commercio, i servizi, la specializzazione e la crescita economica».

Che cosa ci insegna questo 2022?

«Il 2022 ci insegna essenzialmente due cose: anzitutto, a non perdere di vista l’orizzonte (e l’obiettivo) di investimento, lasciando da parte i rumor di breve e quelle decisioni dettate dall’emotività; in secondo luogo, a osservare che spesso il breve termine è un acceleratore di questi trend, che non muta il punto di arrivo, ma la velocità di accadimento delle tappe intermedie. Alcuni esempi di come le forze di breve siano in grado di spingere le dinamiche di lungo sono sotto i nostri occhi. L’esempio più lampante? Gli effetti dello shock energetico sulla corsa alle energie rinnovabili. Ma non è il solo. I colli di bottiglia che si sono venuti a creare nelle catene di approvvigionamento globali in seguito alla pandemia da Covid-19 hanno riportato l’attenzione sul tema della sicurezza del sistema alimentare. Le tecnologie agricole avanzate e il miglioramento della logistica sono fondamentali per riuscire a sfamare una popolazione globale che continua ad aumentare, in un contesto di crescente sensibilità alla lotta al cambiamento climatico. Anche l’emergenza legata alla crisi climatica ha accelerato la necessità di rendere più sostenibili le catene di approvvigionamento alimentari e il tema della nutrizione, investendo in quelle aziende che permettono un miglioramento del passaggio “from farm to fork” in termini di impatto, costi e qualità del cibo».

In tutto ciò qual è il ruolo della tecnologia?

«L’avvento della pandemia ha imposto uno stravolgimento nel modo di concepire il lavoro, lo svago e la relazione con gli altri: ha portato a passare molte più ore svolgendo attività da remoto per compensare le restrizioni da lockdown. Ciò ha reso evidente quanto la tecnologia che adottiamo nella nostra quotidianità sia pervasiva, offrendo un nuovo mondo di servizi e attività digitali al quale anzitutto le aziende rimaste indietro hanno dovuto adeguarsi. Si tratta di un trend, quello della tecnologia, che ha già assunto i contorni della rivoluzione e che proseguirà nella sua crescita: con l’accelerazione della migrazione verso architetture di cloud computing, sempre più imprese dovranno curare non solo la propria presenza digitale, ma anche la sicurezza dei loro sistemi e nella gestione dei dati. In ambito tech, nell’ultimo biennio è cresciuto l’utilizzo dell’autenticazione a due fattori e della biometria. Nel frattempo, le reti Vpn sono state progressivamente dismesse o ripensate per tutelarsi meglio dagli attacchi informatici. Gli esperti del settore sono, inoltre, sempre più preoccupati per la crescita dei cosiddetti “deepfake”, che sfruttano la potenza del machine learning per simulare videochiamate o telefonate da parte di dirigenti o colleghi di lavoro. Insomma, dal mondo del cloud all’intelligenza artificiale, passando per gaming, economia della condivisione (o sharing economy) fino al potenziamento dell’internet (il metaverso), il tema digital continua a essere permeante».

Ma la tecnologia ha provocato anche uno scontro molto pesante tra le due maggiori superpotenze.

«L’escalation della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, iniziata nel 2018 e presente ancora oggi (non ultima, la decisione di Washington di impedire gli scambi di tecnologie, prodotti e talenti americani con la Repubblica Popolare), ha riportato l’interesse a dislocare aziende e poli produttivi all’interno dei confini nazionali, avvantaggiando quei player già ben posizionati, ad esempio, nell’ambito della robotica e dei semiconduttori. Ancora, con lo scoppio della pandemia, la diagnostica ha assunto un ruolo centrale. La perdita dei sensi dell’olfatto e del gusto è stata rapidamente identificata come un sintomo chiave del virus. L’elemento determinante, tuttavia, è che questa intuizione non è giunta da medici, epidemiologi o ricercatori di laboratorio, bensì dai computer, che avevano raccolto ed elaborato i dati di milioni di persone tramite l’app Zoe. Il potenziale legato all’utilizzo dell’intelligenza artificiale nella diagnostica va quindi ben oltre la pandemia. Dopo avere esaminato migliaia di ecografie, le macchine hanno imparato a identificare il tumore al seno con un’accuratezza paragonabile a quella di un radiologo umano esperto. Queste tecniche potrebbero anche aprire alla possibilità di diagnosi in località dove i medici sono pochi o mancano del tutto, specie in zone remote o in via di sviluppo. Non solo: l’impossibilità di incontrarsi di persona ha aperto la nuova frontiera dell’assistenza sanitaria a distanza».

In tutto ciò, la presenza di una vera guerra in Europa ha avuto un ruolo? 

«Come anticipato, il sopraggiungere della guerra tra Russia e Ucraina ha accorciato i tempi di una serie di nuove adozioni. In un contesto di conflitto anacronistico, la necessità di spostarsi verso modelli di approvvigionamento energetici più sicuri, sostenibili e meno dipendenti da fonti fossili esterne, hanno accelerato la transizione. Se da un lato, quindi, si è dovuto ripensare all’intero sistema di rifornimento europeo, dipendente fino allo scorso anno per il 40% dal gas russo, dall’altro governi e aziende si sono mossi per promuovere una più rapida transizione verso fonti di energia sostenibili. In molti si sono interrogati poi sul futuro delle città. Complici la diffusione del lavoro da remoto e una maggiore attenzione al proprio benessere, le persone hanno iniziato a essere meno motivate a vivere negli spazi cittadini, tipicamente più piccoli, meno verdi e più inquinati. Le misure di distanziamento sociale, insieme alla crescente percezione di che cosa significhi sostenibilità ambientale, hanno imposto un ripensamento dei centri urbani, che vogliono ora soddisfare le esigenze dei più anziani e delle nuove generazioni. Ciò significa maggiore attenzione all’ambiente e un focus sullo sviluppo di strutture e infrastrutture adatte ai nuovi trend demografici».

Qual è il senso di tutti questi cambiamenti?

«La rivoluzione sostenibile e l’inevitabile lotta al cambiamento climatico che tutti ci troviamo a combattere, ci ha rimembrato che proprio la natura è la migliore delle tecnologie che abbiamo a disposizione: per fare meglio, alle volte, è sufficiente impiegarla o replicarla. Il legno è stato uno dei primi materiali che l’umanità ha imparato a usare ed è utilizzato in edilizia da oltre 10 mila anni. Oggi sta acquisendo nuova vita grazie alle sue caratteristiche di elemento sostenibile, impiegato non solo nella costruzione di edifici, ma anche nelle filiere della carta (cellulosa), nel packaging di prodotti alimentari e non, negli imballaggi, nell’ambito alimentare e medicale (xilitolo) e nel tessile (fibre naturali e viscose). Il Green Deal dell’Ue  e altre iniziative volte a favorire la ripartenza post-Covid incentrate sulla sostenibilità potrebbero accelerare questo cambiamento; nel frattempo, le imposte sul carbonio potrebbero rendere più conveniente il legname. E potrei andare avanti ancora e ancora».

In conclusione, che cosa significa rispondere alle esigenze del cliente attraverso i megatrend?

«Significa offrirgli un investimento nel proprio futuro. Viviamo nell’era del capitalismo responsabile. A livello globale si va sempre più affermando un nuovo sistema economico che incorpora nel concetto di creazione di valore anche la considerazione delle esternalità su ambiente e società. Ma non solo: siamo le generazioni della tecnologia e dell’interconnessione, siamo i protagonisti diretti del cambiamento e dobbiamo sfruttare la nostra posizione nella storia per costruire al meglio il domani di chi verrà. L’investimento tematico non solo cerca di soddisfare le esigenze del cliente, ma asseconda trend secolari che sono alla base delle sue esigenze future. Concludo riprendendo un passaggio tratto sempre dal nostro ultimo roadshow: come disse Socrate, il segreto del cambiamento è focalizzare tutta l’energia non sul combattere il vecchio, ma sulla costruzione del nuovo. Ed è ciò che noi di Pictet, prima di chiunque altro, facciamo da oltre due secoli».

 

Pinuccia Parini

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Responsabile Clienti Istituzionali Fondi&Sicav

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