Il passaggio generazionale ideale

Il passaggio generazionale, oltre ai suoi impatti evidentemente emotivi, è un tema collegato alla protezione e al benessere patrimoniale, finanziario e umano delle persone, ma ha anche un’inevitabile ricaduta sulla comunità che, nel suo significato intrinseco, rimane eterna. Possiamo infatti affermare che esistono diverse ragioni per cui è bene occuparsi per tempo della propria pianificazione successoria. Be Private ne parla con Luca Molesini, direttore marketing strategico Credemvita S.p.A e Credemassicurazioni S.p.A.

Parlando di protezione del patrimonio di famiglia, quali sono le ragioni per cui il passaggio generazionale è un tema che deve essere affrontato?

«La prima è legata alla protezione del patrimonio nell’ambito del trasferimento successorio dei beni, per salvaguardarlo dalla parcellizzazione e per prevenire i conflitti all’interno della famiglia, che sempre più spesso è caratterizzata da una complessità crescente (nuove strutture familiari allargate). Un secondo tema da affrontare è la fiscalità, che richiede valutazioni e scelte efficaci. Altro argomento chiave è rappresentato dalla necessità di gestire spesso la trasmissione e il frazionamento di patrimoni illiquidi. Da ultimo, ma non per importanza, c’è anche il tema della protezione del capitale umano, che interessa la tutela delle persone care: attuando una corretta pianificazione successoria, si può salvaguardare il tenore di vita dei propri familiari o anche di terze parti, garantendo loro la tutela del patrimonio, le necessarie fonti finanziarie per portare avanti i progetti condivisi in vita, la giusta tranquillità e anche, lasciatemelo dire, la riconoscenza».

Qual è, in questo contesto, il ruolo che le compagnie assicurative possono ricoprire?

«Diverse analisi condotte da Prometeia, società di consulenza con cui collaboriamo da anni in diversi ambiti, ci stimolano a pensare che la mission principale delle compagnie assicurative sia proteggere le persone, anche sul fronte del passaggio generazionale, accompagnandole nel tempo nelle diverse fasi della vita. Il tema del passaggio generazionale sembra ancora poco sentito, nonostante le grandi potenzialità patrimoniali del Paese. I clienti finali non hanno ancora maturato la necessaria sensibilità su queste tematiche e dimostrano di non  avere ancora una corretta percezione della loro reale importanza». 

Il passaggio generazionale è un fenomeno che, in termini di ricchezza coinvolta, è destinato a crescere. Qual è nello specifico la situazione italiana?

«Alcuni recenti studi dimostrano che nei prossimi decenni in Italia il passaggio generazionale riguarderà circa due terzi della ricchezza complessiva. Queste stime prospettiche già da sole fanno comprendere la portata del fenomeno. Nel nostro Paese la trasmissione ereditaria contribuisce a spiegare l’origine di buona parte dei patrimoni: la ricchezza complessiva delle famiglie supera 10 mila miliardi di euro, di cui circa il 55% in attività immobiliari e la restante parte in attività finanziarie e partecipazioni aziendali.

Oltretutto,  la ricchezza netta degli italiani in rapporto al reddito, in crescita costante negli ultimi 50 anni, è la più alta al mondo. Ciononostante, solamente il 12% degli italiani pianifica la successione dei beni, una percentuale notevolmente inferiore rispetto ad altri contesti più maturi». 

Come spiega questa ritrosia degli italiani nel pianificare un piano di successione?

«In Italia, per ragioni culturali, non siamo abituati a parlare di successione e di eredità, mentre in molti altri paesi, a un certo punto della propria vita, è naturale porsi il problema e muoversi di conseguenza. 

Oggi quasi il 50% degli italiani è over 50, con un trend demografico che evidenzia un progressivo invecchiamento della popolazione. Nell’arco dei prossimi 30 anni, l’età media della popolazione italiana passerà da 45,7 a 50,7 anni (Istat). La ricchezza maggiore si concentra nelle fasce di popolazione più anziane (over 50) che sono anche le meno indebitate. 

I dati Ocse attribuiscono all’Italia la medaglia di paese “più anziano” d’Europa. I dati evidenziano che attualmente gli over 65 anni rappresentano il 22,3% della popolazione totale, a fronte del 20,6% della media dell’Ue.

Pensiamo poi al fatto che oggi in Italia buona parte dei nuclei familiari non si identifica più con la famiglia tradizionale, che negli ultimi decenni, si è infatti molto trasformata, cedendo il passo a famiglie di tipo non convenzionale, dove nuclei familiari si costituiscono e convivono senza che il rapporto sia stato ufficializzato e dove il vincolo sentimentale non produce alcun effetto legale, con una crescita rilevante delle convivenze non sancite all’interno di una regolarizzazione di natura civile. Negli ultimi 30 anni è, inoltre, sensibilmente aumentato il numero di separazioni e di divorzi, con una durata media del matrimonio in riduzione a 16 anni. Aumentano, infine, i matrimoni tra i divorziati e, conseguentemente, si accresce la complessità della struttura familiare e della relativa gestione patrimoniale. 

In un’Italia che cambia (e che invecchia), inizia a rompersi il tabù della pianificazione successoria e diventa sempre più necessario che le proprie disposizioni possano essere attuate in linea con le proprie volontà e necessità». 

Quali sono gli strumenti per gestire il passaggio generazionale?

«Storicamente, lo sappiamo, il legislatore ha previsto come strumento principe per gestire il passaggio generazionale il testamento (successione testamentaria). La forma testamentaria classica, se non integrata con gli strumenti adeguati a gestire con efficienza la complessità crescente dei diversi contesti, non è forse più in grado di soddisfare le articolate esigenze di una società e di una struttura familiare in evoluzione. Pensiamo, ad esempio, allo strumento giuridico del trust con cui una o più persone trasferiscono la titolarità di una o più proprietà a uno o più gestori (trustee), che si assumono l’obbligo di amministrare il patrimonio. Pensiamo al patto di famiglia, che consente il trasferimento in tutto o in parte delle quote societarie, come atto inter vivos, a uno o più discendenti e a titolo gratuito. Pensiamo, infine, allo strumento della fiduciaria o alla donazione. 

Se si considera l’evoluzione della pianificazione successoria nel prossimo futuro, la polizza vita sarà certamente lo strumento a crescente e maggiore diffusione, che, per sua natura, flessibilità e relativa semplicità è in grado di rispondere a bisogni complessi. Proprio in relazione alle polizze vita, pensiamo, ad esempio, alla possibilità di nominare (e modificare) liberamente il beneficiario anche al di fuori dell’asse ereditario (persone terze all’asse ereditario, fondazioni,  ospedali) o al fatto che con una polizza vita si possa assicurare ai propri cari una liquidità immediata, in caso di decesso del percettore principale di reddito del nucleo familiare e garantire i flussi necessari per la serenità economica della famiglia. In caso di patrimoni immobilizzati e con scarsa liquidità, inoltre, gli eredi si troverebbero a fronteggiare imposte e spese di successione consistenti. Anche in questo caso, il capitale derivante dalla polizza eviterebbe disinvestimenti svantaggiosi e inopportuni per fare fronte alle spese o tasse dovute: si avrebbe, invece, a disposizione la liquidità necessaria e una successione più semplice e serena».   

Qual è il ruolo del consulente?

«Innanzitutto, occorre fare una premessa: il passaggio generazionale è un tema da affrontare per tempo e con le giuste accortezze. Ricordiamo, infatti, che una corretta ed efficiente pianificazione successoria permette di evitare effetti indesiderati nella trasmissione del patrimonio e nella conseguente tutela del capitale umano (pensiamo alle liti e ai contenziosi che possono insorgere tra gli eredi). A questo proposito, il Rapporto sulla clientela del private banking in Italia 2021 (Aipb) prevede un incremento potenziale della domanda per i servizi di consulenza sulla trasmissione generazionale della ricchezza pari al 43%.

Come ottimizzare il passaggio generazionale del patrimonio? Come rendere sostenibile il benessere di chi si vorrà tutelare e quali soluzioni adottare per evitarne i rischi? Sono domande che possono richiedere valutazioni molto articolate e che hanno un impatto anche sull’intero tessuto sociale nel medio-lungo termine. Sono convinto che sia sempre più importante per ognuno di noi non affrontare da soli la questione, ricorrendo invece all’aiuto di un consulente competente in materia. Quest’ultimo, con la delicatezza e la sintonia che l’argomento comporta, dovrà essere in grado di fare emergere, in primis, quali sono le esigenze inespresse e gli obiettivi da perseguire, nel caso di patrimoni importanti, che la persona vorrà realizzare grazie a una pianificazione successoria ottimale. Una volta chiariti gli obiettivi, occorrerà definire la strada da percorrere. E su questa strada, che per me è il ciclo di vita, immagino tante tappe, in cui si posizioneranno i bisogni e i desideri di ogni persona; alla conclusione del ciclo, attraverso una corretta gestione del passaggio generazionale, i desideri del de cuius potranno essere realizzati attraverso un’efficiente trasmissione del patrimonio ai suoi beneficiari».

Quali sono le caratteristiche che sono richieste a un consulente per svolgere appieno il proprio ruolo?

«Il consulente dovrà essere in grado di fare valutazioni di tipo integrato sulla ricchezza complessiva del cliente. Quanto più avrà informazioni complete sul piano patrimoniale, finanziario, debitorio e umano, tanto più potrà contribuire a progettare una pianificazione successoria personalizzata ed efficace. In particolare, come evidenzia Prometeia, le famiglie a elevata patrimonialità, cioè il 2,5% del totale, detengono il 34,2% della ricchezza finanziaria e il 16,9% della ricchezza immobiliare complessiva.

Quindi, specificatamente, per la clientela private sarà importante gestire l’account aggregation, che consentirà al consulente di fare valutazioni su patrimoni pluriasset e sulle liquidità complessive, spesso distribuite fra diversi intermediari. Altro elemento di complessità può essere come il patrimonio sia stato già in parte o totalmente distribuito su diversi soggetti in vita, ripartizione che potrebbe non rappresentare una soluzione ottimale per gli eredi. È proprio in questi casi che si possono originare perdite patrimoniali, liti, contenziosi e, in generale, una perdita di efficienza della pianificazione successoria». 

Qual è la funzione delle polizze vita nella pianificazione successoria?

«Come dicevamo, il passaggio generazionale può essere concretamente organizzato in diversi modi grazie anche all’aiuto di strumenti orientati proprio a supportare questo delicato momento. In tal senso, le polizze vita saranno sempre più diffuse nei prossimi anni.

Ci sono diverse tipologie di polizze presenti sul mercato. I contratti di assicurazione sulla vita, ad esempio, possono sostanzialmente venire incontro a due differenti esigenze: da un lato, la tutela rispetto a eventi riguardanti la vita umana (è il caso delle temporanee caso morte), dall’altro la tutela del risparmio (polizze con fine previdenziale e di risparmio o investimento con contenuti assicurativi).

Nel primo caso, ci posso essere famiglie monoreddito o a reddito concentrato, le quali, al venir meno del percettore, soprattutto se presenti figli ancora piccoli o in età scolare, potrebbero trovarsi in seria difficoltà. Davanti a questa eventualità gli obiettivi futuri della famiglia potrebbero dovere cambiare. In tali circostanze, sarà necessario contemplare nella pianificazione successoria la polizza temporanea caso morte, che garantisce un’immediata disponibilità di capitale in caso di decesso.

Accanto a questi strumenti, ci sono le polizze d’investimento che hanno finalità di gestione dei patrimoni su orizzonti temporali anche medi o lunghi. In questo senso troviamo nelle polizze vita la risposta a diverse esigenze: proteggere i risparmi, costruire un capitale, oppure bilanciare crescita e risparmio. Nel primo caso parliamo di ramo I: polizze rivalutabili collegate a gestioni separate con garanzie di capitale a evento e rischio finanziario a carico delle compagnie. Nel secondo caso parliamo di ramo III: polizze unit linked collegate molto spesso a soluzioni ad architettura aperta in grado di investire su un’importante base di asset manager internazionali. Nel terzo caso parliamo di polizze multiramo, dove in questi anni e in prospettiva si sta concentrando circa la metà del mercato vita, grazie alla possibilità di integrare entrambi i bisogni che citavo prima, efficientandone gli effetti fiscali. Questi strumenti possono interpretare al meglio le esigenze di pianificazione successoria e patrimoniale (possono essere anche a vita intera e integrano componenti di servizio opzionale e assicurativo anche caso morte), ma ottimizzano la gestione del portafoglio del cliente, che può liquidare se lo desidera. Dal punto di vista giuridico, sempre nell’ottica di fornire strumenti adeguati alle diverse esigenze, cito anche le polizze di imprese in Lps (libera prestazione di servizi), ovvero compagnie assicurative che operano nell’ambito dell’Unione Europea».

Quali sono i vantaggi che le polizze vita offrono da un punto di vista giuridico? 

«Ricordo che le polizze vita godono di un vantaggio fondamentale: la prestazione assicurativa non rientra nell’asse ereditario e risulta quindi esclusa dalla successione, consentendo di ottimizzare le esigenze di pianificazione successoria e patrimoniale. Ciò significa flessibilità nell’organizzare il proprio passaggio generazionale, potendo considerare di trasferire il proprio patrimonio non solo agli eredi, ma anche a soggetti terzi (persone fisiche o giuridiche) che si riterranno meritevoli di tutela. Ciò, come dicevamo prima, rappresenta un aspetto di valore, anche a fronte dell’emergere negli ultimi decenni di nuovi nuclei familiari e interessi che si affiancano alla famiglia tradizionale».

E da un punto di vista fiscale?

«Si tratta di un aspetto importante. Pensiamo al fatto che le prestazioni erogate dalle compagnie di assicurazione agli eredi e ai beneficiari designati dalla polizza vita, in caso di morte dell’assicurato, sono esenti da imposte di successione; pensiamo all’esenzione dal pagamento dell’imposta di bollo agevolata dello 0,20% sul valore dell’investimento (per le polizze di ramo I); ancora, consideriamo che, a differenza degli strumenti finanziari, per i prodotti assicurativi si verifica la cosiddetta “tax deferral”: l’imposta viene differita al momento della liquidazione del capitale (decesso, riscatto totale/parziale). Ne consegue, per il contraente, l’indubbio vantaggio che il capitale lordo continua a essere investito e rivalutato fino al momento liquidativo, momento in cui avviene la compensazione tra minus e plusvalenze. Infine, il capitale liquidato a fronte del rischio di mortalità è esente da tassazione Irpef per i beneficiari. Da ultimo, non per importanza, vale ancora la pena di ricordare che le polizze vita sono insequestrabili e impignorabili nei limiti di legge e che gli strumenti assicurativi hanno generalmente un orizzonte temporale di lungo periodo, posizionamento ideale per gestire le fasi di volatilità dove è necessario governare l’emotività che a volte diventa cattiva consigliera per la generazione che trasmette e non tutela la generazione che riceve».

Pinuccia Parini

About Author /

Responsabile Clienti Istituzionali Fondi&Sicav

Start typing and press Enter to search