Un contributo alla bellezza dell’Italia

Con 10 ristoranti, dei quali tre fra Hong Kong e Dubai, che hanno ottenuto complessivamente sette stelle Michelin, Enrico Bartolini, toscano, a soli 42 anni è sicuramente uno degli chef italiani più conosciuti al mondo. Ormai la sua cucina, che è legata al territorio di diverse realtà regionali, è quasi sinonimo di Italia. In un discorso complessivo sulle eccellenze del nostro Paese non poteva mancare un incontro con lui.

Chef più stellato d’Italia, terzo al mondo. Che cosa vuole dire essere un’eccellenza italiana?

«Sono orgoglioso del racconto che abbiamo generato intorno a me e al mio team. Sono anche fiero di essere italiano. Desidero dare un contributo per quanto possibile alla bellezza del nostro Paese».

Sei uno dei principali rappresentanti, dei nomi conosciuti, della cucina italiana. Che vuol dire eccellenza delle materie prime, creatività, legami con il territorio, tradizione ma anche innovazione. Ci racconti questo mondo?

«Il mondo del ristorante è una magia di emozioni legate all’artigianalità. Ogni persona e ogni reparto cura con costanza la messa in opera di un progetto che ognuno dei miei colleghi, come me, impiega una vita intera ad affinare».

Il mondo della cucina contribuisce a tenere alta la bandiera del made in Italy nel mondo. Dal tuo osservatorio quanto vedi importante questo ruolo di ambasciatori del gusto, di ulteriore attrattiva per il turismo, di emblema dello stile Italia?

«Siamo senza dubbio ambasciatori. Non produciamo soltanto, ma siamo anche generatori di tradizioni e di cultura».

Enrico anche il tuo modo di fare azienda rappresenta una eccellenza. Ci racconti come funzionano i tuoi tanti ristoranti?

«Ognuno di essi dà luce a talento e territorio. In ogni luogo si raccontano i dintorni attraverso le persone che li vivono con spirito classico e contemporaneo».

Dalle tue cucine sono passati tanti giovani emergenti. Che cosa ti fa capire che un giovane potrà essere una futura stella? Quale tipo di percorso deve poi affrontare?

«Ogni giovane è diverso da un altro e ognuno ha opportunità e sensibilità diverse. Non c’è una regola. Ciò che mi sento di suggerire è che non si deve avere paura di sbagliare, ma anzi

vantarsi degli errori perché una volta fatti si impara. Oggi è più facile sbagliare di meno grazie alla grandezza della comunicazione: quindi, per cominciare, possiamo scegliere come essere e che cosa diventare, mantenendo forte l’etica e affidandosi a riferimenti che siano un buon esempio per tutti».

Giuseppe Riccardi

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Founder e Editore Fondi&Sicav

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