C’è patrimonio e patrimonio

Quando si parla di patrimonio familiare o aziendale le idee non sono sempre così chiare, soprattutto nelle piccole e medie imprese, dove spesso i confini tra l’imprenditore e la persona non sono sempre netti. Di questo argomento estremamente importante Be Private ha parlato con Adelio Bollini, dottore commercialista e revisore legale, business angel in start-up tecnologiche.

Qual è la natura e la tipologia delle componenti di un patrimonio?

«Una prima suddivisione può fare riferimento alla natura rispetto a un soggetto: patrimonio personale o patrimonio aziendale, dove il secondo, nel caso di imprese famigliari, è inteso come una parte del patrimonio complessivo personale. Sempre da un punto di vista soggettivo, i beni di un patrimonio possono essere classificati di breve periodo o di lungo periodo in funzione del vincolo di destinazione che viene loro assegnato, con passaggi tra le due categorie al variare delle esigenze e degli obiettivi personali.

In base, invece, a un criterio oggettivo, è possibile elencare alcune tipologie in funzione di diversi parametri:

il loro valore: un patrimonio e le sue componenti possono assumere valori storici o valori attuali di mercato; 

il valore determinato in mercati regolamentati oppure soltanto in contesti di contrattazioni private; un aspetto particolare riveste la valorizzazione di beni “scarsi” o “unici” come, per esempio, opere d’arte, aziende di piccole dimensioni o di settori di nicchia dove questi beni assumono un valore oggettivo solo in caso di realizzo sul mercato;

la possibilità e la tempistica di monetizzare il patrimonio, che possiamo dividere in beni liquidi e beni immobilizzati.  Tipicamente i primi sono identificati in valori mobiliari e finanziari, mentre i secondi negli immobili del patrimonio. Nelle famiglie di imprenditori, tra i valori immobilizzati si includono le quote di partecipazione nelle attività imprenditoriali di famiglia, anche se come sottostanti si trovano beni liquidabili impiegati nell’attività dinamica di impresa; sono asset immobilizzati sul lungo periodo, perché la possibilità di monetizzare è vincolata a scelte e decisioni di una persona (l’imprenditore-fondatore) con prospettive di lungo periodo, spesso coincidenti con l’arco temporale di vita del fondatore. Si possono altresì identificare asset “illiquidi”, che sono coinvolti in situazioni patologiche o con vincoli giuridici che presentano criticità nella loro gestione, valorizzazione e monetizzazione;

se si fa riferimento all’origine, identifichiamo i patrimoni costruiti dal soggetto che li possiede grazie alla propria attività lavorativa rispetto ai patrimoni ereditati dalle generazioni precedenti;

a seconda della materialità, le componenti di un patrimonio hanno natura tangibile o intangibile.

Da ultimo, ulteriori classificazioni emergono in riferimento a concetti in ambiti tecnici e giuridici, come per esempio attivi che hanno riconoscimento di tutela giuridica o che incorporano diritti patrimoniali o personali».

Guardare a un patrimonio nella sua totalità significa considerare sia gli attivi tangibili sia quelli intangibili: i primi creano beni e servizi, mentre i secondi generano valore nel futuro. Qual è la sua lettura?

«In prima battuta, quando si suddivide tra attivi tangibili e intangibili, si pensa per entrambi agli asset di un’azienda, mentre in ambito personale soltanto ai beni tangibili.  Più difficile rappresentare beni personali intangibili, se non legati ad attività professionali, come può essere la buona reputazione per un medico. Solo in periodi più recenti si sono identificati come asset intangibili personali anche i benefici che un imprenditore può avere sulla propria immagine: per esempio, la reputazione e il ruolo sociale derivante dalla gestione del patrimonio, nel caso in cui una parte di esso sia destinato ad attività filantropiche o di beneficenza. Come detto correttamente nella domanda, gli attivi tangibili sono utilizzati per creare beni e servizi, quelli intangibili producono valore nel futuro». 

Che cosa si intende per beni intangibili?

«In ambito aziendale, un’importanza rilevante tra i beni intangibili assumono il know how tecnologico e il brand, quest’ultimo come elemento della “brand reputation”. Un buon brand permette maggiore forza competitiva, la collocazione di prodotti a prezzi premium e può ridurre i tempi di ingresso in un nuovo mercato o per il lancio di un nuovo prodotto. Non solo, ma una buona reputazione permette anche di attrarre le risorse lavorative migliori o di spuntare una valorizzazione maggiore in caso di cessione di aziende: da uno studio è emerso che in alcuni settori addirittura il 90% del valore di mercato delle aziende può derivare da asset intangibili (Intangible Asset Market Value, Ocean Tomo-2017). Inoltre, anche gli asset intangibili, come i brevetti e i processi di know how, possono creare prodotti e servizi ed è possibile individuare l’esistenza di sinergie tra le due componenti: basti pensare a un tipico asset intangibile come il brand, che si impone sul mercato realizzando prodotti e servizi che soddisfano le esigenze del proprio cliente, uniti a condotte di impresa che vengono riconosciute corrette e rispettose delle regole nel contesto in cui opera l’azienda. E, non da ultimo, rispettose dell’impatto ambientale e sociale sul territorio. Ecco che in questo modo creare beni e servizi contribuisce alla continuità aziendale e alla creazione di valore nel futuro».

Quali sono, secondo lei, le regole di condotta di un’azienda e quali quelle di una famiglia? Come possono convivere in modo sinergico la famiglia e l’impresa all’interno della gestione di un patrimonio?

«Nel rispondere a questa domanda, si può iniziare dall’individuazione schematica delle regole di condotta; in particolare, rappresentando le regole, in termini di:

Valori: solidarietà, protezione e garanzia di sicurezza economica per la famiglia; efficienza, rischio e competizione per l’impresa.

Finalità: soddisfazione personale per la famiglia; crescita, economicità e soddisfazione dei clienti per l’impresa.

Ricompensa: in base al fabbisogno per la famiglia: in base alle prestazioni e ai risultati per l’impresa.

Selezione: uniformità per i componenti di una famiglia; meritocrazia, competenza e professionalità per l’impresa.

Obiettivi patrimoniali: accrescimento, conservazione e trasmissione alle generazioni future per la famiglia; sostegno alla continuità e allo sviluppo economico per l’impresa.

Tutti questi elementi contribuiscono in modo dinamico nella gestione di un patrimonio con dinamiche tanto sinergiche in chiave positiva (per esempio il supporto finanziario famigliare in caso di scarsi risultati nel reperimento di risorse sul mercato dei capitali oppure i legami affettivi e la condivisione di una visione di lungo periodo), quanto con elementi di rischio nei casi patologici o di crisi strutturale dell’azienda: spesso la disponibilità di un patrimonio personale a supporto di un’attività imprenditoriale ormai in crisi irreversibile comporta il depauperamento del patrimonio. La vera scommessa è evitare che i valori di famiglia possano diventare rischiosi se adottati meccanicamente nell’ambito dell’impresa, ma fare sì che i vantaggi delle imprese famigliari, quali stabilità di governo e visione di lungo periodo prevalgano sugli svantaggi». 

Ma si riesce a trovare un equilibrio in una situazione così delicata?

«Trovare un equilibrio tra queste variabili nella gestione del patrimonio e fare sì che permanga nel tempo può essere particolarmente difficile, soprattutto al momento del rinnovo generazionale o nei cambiamenti degli stili di vita personali: a volte ai concetti di responsabilità sociale, alla cultura del merito e al dovere di trasmettere alle generazioni future, si sostituisce il principio del bene privato quale fonte esclusiva di diritti e privilegi».

Nelle imprese di famiglia italiane si assiste a un’identificazione dell’imprenditore con l’impresa. A volte può succedere che il patrimonio personale e quello aziendale non siano debitamente distinti. Lo considera un rischio significativo?

«La mancanza di distinzione del patrimonio personale da quello aziendale è strutturale nelle aziende famigliari, specie se piccole. Così come la persona-imprenditore si identifica nella sua azienda, così il patrimonio personale viene spesso confuso con quello disponibile, senza regole, per l’attività imprenditoriale. Non c’è dubbio che il patrimonio e i valori famigliari costituiscono una ricchezza per l’impresa, rappresentando innanzitutto stabilità nel lungo periodo e un valido sostegno per le fasi di sviluppo, così come un rassicurante appoggio in contesti di tensione finanziaria. Tuttavia, il fenomeno comporta il rischio della mancanza di adeguata remunerazione per il patrimonio investito o nel peggiore dei casi il rischio della sua perdita». 

Come si riesce ad annullare questo rischio?

«Il rischio viene contenuto con l’implementazione di adeguati strumenti di mappatura (per esempio, elaborazione di indici economico-finanziari, cruscotti di performance storiche e prospettiche, sistemi di alert patrimoniali e finanziari) in modo da disporre di parametri di misurazione del rendimento e di strumenti per l’emersione tempestiva di rischi di perdite del capitale investito. In particolare, quest’ultimo caso si manifesta quando il soggetto che ha creato il patrimonio non percepisce fenomeni di criticità, ma prosegue nell’impiego di risorse senza un adeguato controllo o capacità di analisi di situazioni ormai compromesse e senza prospettive di ripresa».

Quanto è importante la governance all’interno dell’impresa?

«In tema di governance generalmente si può rilevare la forma scritta e strutturata nell’impresa, almeno in quelle che si sono dotate di un approccio evoluto rispetto a questa tematica, e la forma non scritta nella famiglia, anche se spesso molto forte, ma scarsamente strutturata e formalizzata. Le aziende che hanno compreso la necessità di una buona governance riscontrano non solo una crescita qualitativa nell’organizzazione interna e nei rapporti con l’esterno, ma sul lungo termine migliori risultati economici, diversificazione nell’affrontare le problematiche aziendali e una vision più innovativa. Il tutto generando un accrescimento nel valore del patrimonio. Una struttura di governance evoluta permette inoltre di affrontare meglio alcune fasi della vita aziendale come, per esempio, le operazioni di finanza straordinaria e i passaggi generazionali; inoltre migliora i rapporti verso soggetti esterni, quali banche e clienti. Una buona governance è gestita attraverso la regolamentazione dei poteri degli amministratori, con quorum qualificati per decisioni su materie di importanza strategica. Sono importanti anche regole particolari nel caso di ingresso o uscita di soci, la separazione delle funzioni gestionali all’interno dell’azienda fino all’elaborazione di codici etici e di condotta, sistemi di certificazione Uni-Iso, un sistema di gestione dei rischi, il controllo interno e l’informativa non finanziaria. Di recente si è affacciata una nuova tematica nell’agenda della governance che contempla i rischi e le opportunità legate al cambiamento climatico e all’Esg assessment, con adempimenti comunicativi e di trasparenza a più livelli introdotti dal Regolamento Ue 2088 del 2019, rendendo di fatto obbligatorio i rating di sostenibilità».

Si può parlare di governance anche all’interno della famiglia?

«Nell’ambito della famiglia, una governance efficace non prevede risposte e decisioni su un approccio ad personam, ma va stimolata la presa di coscienza sull’importanza di fissare regole e obiettivi di lungo termine, come sintesi delle esigenze dei componenti famigliari. Devono essere contemplate misure compensative in caso di impieghi patrimoniali destinati alle esigenze particolari di un componente rispetto agli altri, non esclusivamente di tipo  economico, ma anche per esperienze formative, come può essere un particolare percorso di studi».

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Responsabile Clienti Istituzionali Fondi&Sicav

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