Conoscere la Cina senza pregiudizi


Conoscere la Cina è un compito non facile: è uno dei paesi più estesi al mondo con una popolazione che supera 1,3 miliardi di persone. Pensare che si sia di fronte a un territorio omogeneo, potrebbe condurre a considerazioni errate, che non colgono le diversità in esso presenti. è anche una nazione con una lunga storia, che non può essere ignorata, e che ha conosciuto, negli ultimi 50 anni,  profondi cambiamenti. Proprio per queste ragioni è importante comprenderne appieno le caratteristiche, magari sfatando anche una serie di luoghi comuni presenti nella narrazione sulla Cina. Be Private ne parla con Alessia Pastori, avvocato associate partner di Ey Tax&Law, head of China & Cis desk, e Giovanni Francesco Casucci, partner di  Ey studio legale tributario Ip department.

Qual è la funzione del China Desk di Ey in Italia? Com’è strutturato?

Alessia Pastori: «Attraverso un team multiculturale di avvocati, situato nella sede di Milano, l’Ey Law China Desk si dedica alla Cina per creare nuove opportunità di business nel mercato europeo e asiatico e offrire assistenza legale e di business sulle tematiche più importanti per investitori e aziende focalizzati sulla cooperazione bilaterale e sugli investimenti tra Italia e Cina.  Il desk collabora anche con le sedi di Ey in Cina e con il China Overseas Investment Network (Coin), che collega professionisti cinesi in tutto il mondo. Il team comprende professionisti italiani e cinesi con una profonda conoscenza dei settori specifici del mercato della Repubblica Popolare. Ey garantisce un’assistenza legale e commerciale completa e integrata alle aziende italiane che desiderano entrare nel mercato cinese e viceversa e ai business che hanno la sede operativa nelle due aree. Collaboriamo a stretto contatto con le altre service line di Ey per fornire servizi legali e di business completi e personalizzati in tutte le practice e i settori di competenza, così da affiancare le aziende italiane e gli investitori esteri e cogliere tutte le opportunità che i rapporti bilaterali possono offrire».

Come ha gestito, dal punto di vista manageriale, un team sino-italiano? 

Alessia Pastori: «Sono avvocato e China & Cis Desk leader della service line Tax&Law di Ey in Italia da marzo 2018. Donna, madre e avvocato d’affari, guido un team multiculturale e multidisciplinare di professionisti per garantire ai nostri clienti un’ampia gamma di servizi integrati, sempre innovativi e altamente professionali. Sono specializzata in M&A, diritto societario e commerciale con una significativa esperienza nel diritto internazionale e nelle transazioni cross-border con un focus su Cina e paesi Cis. Il mio obiettivo di ogni giorno è essere un leader empatico che possa guidare al meglio professionisti internazionali. Sono orgogliosa di rappresentare l’Ey Cultural D&I Network “Minds from the Globe” come partner sponsor, con l’ambizione di creare un ambiente di lavoro diversificato che rifletta al meglio la nostra società multiculturale attraverso uno spazio di ascolto e condivisione in cui il background di ciascuno costituisca un’opportunità di confronto e crescita.

Grazie alla mia esperienza di 15 anni in studi legali italiani di alto livello e ai periodi trascorsi in Cina e all’estero, ho capito che la diversità nel mondo degli affari è un punto di forza e la formazione interculturale una chiave per tradurre l’esperienza di vita in un comportamento efficace e accogliente all’interno dell’organizzazione. Ciò è particolarmente vero per un’azienda come Ey, che opera in un contesto globale e multiculturale, dove lavoriamo con colleghi, aziende e clienti in tutto il mondo».

La pandemia ha avuto pesanti impatti sulla vostra attività? 

Alessia Pastori: «La Cina ha chiuso le frontiere per tre anni a causa della pandemia. Sono cambiate molte cose, ma abbiamo approfittato di questo periodo per continuare a studiare il mercato e lavorare sodo per affrontare le sfide e le complessità del momento, per essere pronti una volta riaperto il Paese. Abbiamo stretto nuove alleanze per soddisfare le esigenze dei clienti che non potevano recarsi in Cina, ci siamo dotati di tecnologia e talenti per ampliare le competenze digitali e umane. Adesso che quel momento è arrivato, non vediamo l’ora di viaggiare di nuovo, incontrare di persona colleghi e clienti e stringere loro la mano. Infatti, nonostante i tempi difficili, abbiamo riscontrato un interesse costante per un mercato promettente come quello cinese. Siamo pronti a ripartire al fianco dei nostri clienti».

Come avete affrontato i momenti di maggiore criticità? 

Alessia Pastori: «Negli ultimi due anni abbiamo continuato a studiare e a lavorare alacremente per affrontare le sfide e le complessità del momento, senza lasciarci condizionare dalle notizie spesso negative e fuorvianti sul paese. Questo atteggiamento ci ha portati a raggiungere importanti traguardi e ora guardiamo al futuro con fiducia e ambizione. L’obiettivo è ristabilire rapporti autentici di vero business, concentrandoci sulle possibilità concrete di sinergia tra le due nazioni. Con una presenza capillare in Cina, vogliamo monitorare adeguatamente la situazione e i cambiamenti nel paese per facilitare la nascita di collaborazioni commerciali. 

Ho la fortuna di guidare un gruppo di persone resilienti che si sono adattate a una nuova realtà nelle relazioni Italia-Cina, che hanno iniziato nel 2018 con premesse diverse e, dopo la prima battuta d’arresto dovuta alla pandemia, si sono rimboccate le maniche per servire i clienti nell’incertezza. Abbiamo stretto nuove alleanze per rispondere alle esigenze dei clienti impossibilitati a recarsi in Cina, ci siamo attrezzati con tecnologie e talenti per ampliare le competenze digitali e delle nostre persone».

Con la fine della politica di tolleranza zero nei confronti del Covid, a quale tipo di dinamica avete assistito, sia da parte delle aziende italiane, sia di quelle cinesi?

Alessia Pastori: «Tra gennaio e agosto 2022, gli investimenti non finanziari cinesi in Italia sono aumentati di circa 70 milioni di dollari, secondo il Ministero del Commercio cinese, e l’interscambio di un ulteriore 13%, dopo il livello record raggiunto nel 2021. Due cifre significative, considerando le difficoltà del contesto internazionale. D’altra parte, le esportazioni sembrano avere recuperato i livelli pre-Covid-19. Il lusso italiano in Cina, in particolare, sembra che sia tornato sui volumi di vendita pre-pandemia.Il mercato cinese è troppo grande per essere ignorato dalle grandi aziende italiane. Il futuro delle relazioni economiche tra Italia e Cina dipende da diversi fattori, alcuni interni ai due paesi, altri esterni, spesso interdipendenti. Pechino sembra reagire strategicamente con forza alle politiche di contenimento, da un lato, attraverso la Belt and Road Initiative, che mira a consolidare le relazioni economiche, ma non solo, con il maggiore numero possibile di paesi, e, dall’altro, con politiche interne come il programma Made in China 2025, che punta a rendere la Repubblica Popolare più autonoma e competitiva a livello globale, in termini di tecnologie nei settori avanzati, e più attenta al rafforzamento del mercato interno».

Com’è cambiata, negli anni, la modalità di fare business con la Cina?

Alessia Pastori: «La Cina è sempre stata oggetto di critiche e pregiudizi. Nel corso degli anni, però, ha saputo evolversi molto rapidamente, adattandosi alle aspettative internazionali e diventando una potenza globale. Ad esempio, ciò che spesso ha frenato le aziende italiane dall’entrare in un mercato complesso come quello cinese è il timore di vedere violata la propria proprietà intellettuale. In realtà, nell’ultimo decennio la Cina si è progressivamente allineata agli standard europei, offrendo un livello di protezione significativo ed efficace per i titolari di marchi e brevetti. I luoghi comuni, che tra l’altro non riguardano solo la Cina, ma qualsiasi paese straniero, non devono intimorire o scoraggiare. Le imprese estere sono fondamentali per la crescita!»

Quali sono le opportunità che un’azienda italiana potrebbe cogliere nell’essere presente sul mercato cinese?

Alessia Pastori: «Nel corso degli anni, la Cina ha ottenuto ottimi risultati economici, nonostante le restrizioni dovute alla pandemia. Mentre alcuni investitori stranieri sono diventati diffidenti nei confronti degli investimenti in Cina, la notizia della riapertura è stata accolta con favore dalla comunità imprenditoriale internazionale. Nel tentativo di combattere la diffidenza degli investitori e di promuovere la ripresa economica, il governo cinese ha annunciato l’intenzione di rendere la propria economia più aperta agli investimenti diretti esteri. Malgrado le preoccupazioni, il Paese rimane uno dei luoghi migliori in cui investire per diversi motivi: il mercato sarà più aperto agli investimenti esteri, la concorrenza si è abbassata a causa delle restrizioni imposte dalla politica zero Covid, il Dragone resta il più grande mercato dei consumi al mondo. C’è spazio per le eccellenze italiane!»

Quali sono i maggiori ostacoli da superare per le imprese italiane?

Alessia Pastori: «L’approccio ai mercati internazionali richiede competenza e dedizione: non è possibile prescindere da un’accurata conoscenza del paese e delle sue abitudini per offrire un’assistenza di alta qualità ai nostri clienti che si interfacciano con la Cina e la Comunità degli Stati Indipendenti. La Cina è una nazione dalle mille sfaccettature, un’unione di tradizione millenaria e modernità accelerata. Per comprenderne le dinamiche e la direzione, bisogna essere in grado di unire coloro che hanno conoscenze, esperienze o connessioni con coloro che possono trarne vantaggio. Questo paese non può essere affrontato da soli».

Perché le aziende cinesi dovrebbero invece continuare a puntare sul mercato italiano? 

Alessia Pastori: «Il nostro Paese, praticamente assente tra le destinazioni cinesi sino a un decennio fa, si è reso protagonista negli ultimi anni di un’attenzione crescente da parte della Cina. Lo spostamento d’interesse dalle materie prime alle tecnologie, al know how e ai marchi, ha fatto divenire l’Italia una delle mete più interessanti per il Go Global. Il lato positivo di fare affari con gli investitori cinesi è sicuramente trovare uno sbocco per i prodotti dell’imprenditoria italiana. La penetrazione del mercato più grande del mondo diviene così immediata».

Qual è la funzione del China Desk di Ey in Italia? Come è strutturato?

Alessia Pastori: «Attraverso un team multiculturale di avvocati, situato nella sede di Milano, l’Ey Law China Desk si dedica alla Cina per creare nuove opportunità di business nel mercato europeo e asiatico e offrire assistenza legale e di business sulle tematiche più importanti per investitori e aziende focalizzati sulla cooperazione bilaterale e sugli investimenti tra Italia e Cina.  Il desk collabora anche con le sedi di Ey in Cina e con il China Overseas Investment Network (Coin), che collega esperti cinesi in tutto il mondo. Il team comprende professionisti italiani e cinesi con una profonda conoscenza dei settori specifici del mercato della Repubblica Popolare. Ey garantisce un’assistenza legale e commerciale completa e integrata alle aziende italiane che desiderano entrare nel mercato cinese e viceversa, e ai business che hanno sede operativa nelle due aree. Collaboriamo a stretto contatto con le altre service line di Ey per fornire servizi legali e di business completi e personalizzati in tutte le practice e i settori di competenza, così da affiancare le aziende italiane e gli investitori esteri e cogliere tutte le opportunità che i rapporti bilaterali possono offrire».

Qual è la crescita dei brevetti nel mercato cinese?

Giovanni Francesco Casucci: «Come comprensibile dalle tabelle qui sotto riportate, estratte dal sito ufficiale del Cnipa (Ufficio nazionale cinese marchi e brevetti), il volume e il tasso di crescita dei brevetti, modelli di utilità e design in Cina è molto elevato, con notevolissimo distacco in relazione ai depositi stranieri (decisamente ridotti). Stessa significativa crescita la ritroviamo nel territorio europeo, dove la Cina appare il primo titolare di marchi e design europei nel 2022 ed evidenzia già nel periodo dal 2010 al 2017 tassi di crescita molto significativi».

Quali sono i luoghi comuni quando si parla di brevetti in Cina?

Giovanni Francesco Casucci: «Gli stereotipi connessi alla Cina, come un paese in cui la copia è parte della cultura formativa e imprenditoriale, vanno ormai decisamente abbandonati: il Dragone ha compreso il significato e il valore della proprietà industriale e intellettuale e ha messo in pratica quanto appreso per effetto dei vari programmi Ue di allineamento del sistema cinese con quello europeo dal 2005 in avanti (IPR1, IPR2 e IPKey). Basti osservare che oggi, oltre agli impressionanti numeri assoluti di depositi, il Paese ha dichiarato di avere elargito finanziamenti a 15 mila imprese nel 2021 per un valore di 44 miliardi di dollari (309 miliardi di yuan) utilizzando come garanzie portafogli di marchi e brevetti».

Come si proteggono al meglio i diritti esclusivi su marchi, design e brevetti in Cina?

Giovanni Francesco Casucci: «La protezione dei diritti Ip in Cina è decisamente conforme agli standard amministrativi occidentali e le attività di estensione di propri marchi, design e brevetti possono essere poste in essere senza particolari difficoltà coinvolgendo consulenti in proprietà industriale. La gestione statale dei diritti Ip è di competenza del Chinese National Intellectual Property Administration – CNIPA (http://english.cnipa.gov.cn/).Va considerato che i costi e le tasse richieste (non molto diversi da quelli usualmente dovuti negli Usa e nell’Ue) vanno a coprire un mercato che è estremamente più vasto di quello statunitense ed europeo, confermando un rapporto costo/beneficio di indubbio valore.Ovviamente osservato che la mancanza di una tempestiva registrazione dei propri diritti in Cina implica, di fatto, l’abbandono di qualsiasi strumento di protezione da imitazioni locali. Per tornare allo stereotipo iniziale, pensare che non abbia senso investire in registrazioni di diritti esclusivi nel paese perché comunque, si subiranno contraffazioni, significa rinunciare per sempre ad avvalersi di questi criteri di protezione, legittimando quindi condotte parassitarie. Dal punto di vista legale, questo atteggiamento costituisce, quindi, una sorta di rinuncia ai propri diritti».

Qual è l’approccio che una società italiana deve avere in tema di brevetti quando guarda al mercato cinese?

Giovanni Francesco Casucci: «La Cina rappresenta un mercato di sbocco necessario per le aziende occidentali e va considerata come una priorità essenziale. Un sano approccio da parte di un’impresa, che si proponga di lanciare un nuovo prodotto o un nuovo brand, deve necessariamente considerare la copertura del territorio cinese, da effettuare prima di esporre in fiere internazionali e prima ancora di cominciare a contattare potenziali distributori ivi locati. Il rischio, altrimenti, è di trovarsi con i propri diritti registrati in capo al potenziale distributore, che ha approfittato dell’assenza di una corretta copertura in Cina. Pertanto, si consiglia fortemente di stabilire con immediatezza le strategie di deposito nella Repubblica Popolare Cinese così come si dovrebbe fare per il proprio territorio nazionale».

Pinuccia Parini

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Responsabile Clienti Istituzionali Fondi&Sicav

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