Il finanziamento della transizione energetica

Domenicantonio De Giorgio, docente a contratto Financial Markets, Credit and Banking all’Università Cattolica di Milano ed esperto di tematiche energetiche

Troppo poco, secondo il nostro punto di vista, si ragiona compiutamente su un tema chiave: sono “sostenibili” i meccanismi di finanziamento volti a innescare, mantenere, sostenere la tanto inevitabile quanto ancora impalpabile “transizione energetica”?

Al decennale del Centro per gli Studi sulla Sicurezza Energetica della Columbia University, il direttore esecutivo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (Aie), Fatih Birol, ha indicato in 2,5 trilioni di dollari l’ammontare di risorse incrementali da mobilitare a livello planetario entro i prossimi 10 anni per rendere sostenibile, reale, d’impatto lo slancio necessario per rimanere entro il sentiero di 1,5 °C di incremento massimo delle temperature al 2050. L’installazione di capacità di produzione di energia da fonti rinnovabili fa registrare record su record, i veicoli elettrici guadagnano quote di mercato con una rapidità senza precedenti, l’impiego delle pompe di calore supera la capacità produttiva e l’elenco potrebbe continuare.

Ma come mettere a sistema il pantagruelico fabbisogno di finanziamenti con il fatto che, tanto nei mercati sviluppati (Europa e Nord America), quanto e soprattutto in quelli emergenti, gran parte se non tutta la filiera di produzione dell’energia “verde” (in senso lato) non è economicamente autosufficiente?

Gli anni 2010-2020 hanno fatto di tutto per demolire a colpi di politiche monetarie “non convenzionali” un concetto tanto semplice quanto ineliminabile: gli agenti economici allocano il capitale, scarso per definizione, a un certo progetto in ragione del rendimento e del rischio atteso che da esso scaturisce dato il costo (tipicamente maggiore di zero) del denaro stesso. I tumultuosi eventi del marzo 2023, che hanno mandato al tappeto nel volgere di poche ore la Silicon Valley Bank e le Signature Bank negli Stati Uniti e che hanno seminato il panico tra decine e decine di altri simili istituti di credito statunitensi, hanno mostrato platealmente che, quando le politiche di impiego delle risorse da parte di un certo sistema bancario sono viziate da un ecosistema di tassi di interesse perdurantemente e artificialmente ridotti, la sostenibilità del canale stesso di finanziamento può essere messa in discussione.

IL RIFLESSO PAVLOVIANO DEI POLICYMAKER

Come se tutto ciò già non bastasse a rendere la sfida impegnativa, non si può tacere il fatto che i sistemi energetici, ossia ciò che vogliamo e dobbiamo rendere a impatto zero, sono complessi. Il riflesso pavloviano dei policymaker sulla “inevitabile” transizione energetica, che ci accompagna dal post-Covid e specialmente dal 24 febbraio 2022, ha fatto riversare una quantità di risorse senza precedenti, tanto fiscali quanto finanziarie, il cui costo, lo ribadiamo a rischio di risultare noiosi, era prossimo allo zero sino a soli 18 mesi fa, su una pletora di progetti, di soluzioni, di linee di sviluppo tecnologico che avevano senso economico (forse) solo se interpretati in quel regime di perdurante amnesia in cui il denaro, e quindi il capitale, era a costo zero.

Non ci sono dubbi, quindi, che il prolungato periodo di incentivi statali e le conseguenze dell’invasione della Russia abbiano spinto in occidente l’energia pulita più in alto nell’agenda di molti governi. Ma, venuta meno la decennale amnesia, il fatto che il denaro non può per sempre non avere un costo e che i sistemi energetici sono complessi porta inesorabilmente a chiedersi come ridisegnare relazioni virtuose tra capitale e attività d’impresa, specie in sistemi complessi e fragili come quelli energetici.

I FATTORI DI CRITICITÀ

Innanzitutto, saranno proprio i tassi di interesse in regime di loro non-negatività che faranno da “paracarro naturale” nella identificazione di soluzioni percorribili ed economicamente sostenibili, non solo se il costo del capitale che le finanzia permane in una irrealistica condizione di costo zero. In seno ai mercati sviluppati, poi, osserviamo che è ormai tangibile un allineamento “politico” senza precedenti tra fattori di sicurezza nazionale, fattori economici e cambiamento climatico, che fa emergere in filigrana diversi elementi di criticità.

Disponibilità di approvvigionamento di minerali critici. Questo è un argomento che sta emergendo in modo molto forte. Per molti dei minerali chiave per il GreenTech le previsioni sulla domanda sono superiori di fattori di volte alle aspettative della relativa offerta. Fare in modo che le due tendenze si riconcilino senza ingenerare fenomeni di gigantismo di un singolo fornitore (ad esempio: Cina e terre rare) è di vitale importanza.

Resilienza delle filiere.Già la pandemia ha mostrato i limiti della globalizzazione e della scarsa diversificazione degli approvvigionamenti. La guerra di invasione russa ne è stata un tanto drammatico, quanto doloroso, promemoria. Essere in grado di sviluppare nuove catene di approvvigionamento affidabili e funzionali in tutte le tecnologie pulite è un must per molte regioni del mondo ed è diventato un elemento politico chiave nell’azione di diversi paesi.

Rischio di nazionalismo e protezionismo. Poiché non tutte le regioni del pianeta partono dallo stesso punto, in seno alla nuova economia energetica globale, aumentano le situazioni idonee a che si creino posizioni di dominanza/sudditanza strategica. La Cina, forte del suo status di autocrazia verticistica, sta mostrando al mondo l’importanza della visione a lungo termine, della pianificazione e della capacità di coniugare politiche energetiche e industriali collocandosi in posizione di leadership tecnologica rispetto al resto del mondo. Altri paesi stanno reagendo (gli Stati Uniti con l’Ira e l’Europa con le sue macchinose politiche industriali), ma trovare un buon compromesso tra necessità di diffusione tecnologica e rischio di eccessiva dipendenza dalle importazioni non è un esercizio facile. L’industria solare negli Stati Uniti è un chiaro esempio, con installazioni che sono diminuite nel 2022 principalmente a causa del divieto di importazione di pannelli solari dalla Cina.

Entro questo complesso scenario, il mercato (quello dei capitali e il sistema bancario) avrà il ruolo fondamentale di canalizzare mezzi finanziari, materiali e manageriali proprio laddove i principi di economicità e di sostenibilità (tanto ambientale, quanto intertemporale) vengono rispettati all’interno di un quadro di regole chiare, semplici e di rapida attuazione definite dalla classe politica e suggerite dall’esperienza d’uso della società civile.

Pinuccia Parini

About Author /

Responsabile Clienti Istituzionali Fondi&Sicav

Start typing and press Enter to search