Unicità e memorabilità: i nuovi requisiti della competizione globale

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Stéphane Vacher, Responsabile comunicazione Credem Euromobiliare Private Banking

Viviamo in un mondo di sovrabbondanza di beni e servizi. Intendiamoci, mi sto riferendo alla parte del mondo più sviluppata e ricca, dove una quota significativa dei cittadini-consumatori ha ampio accesso a ogni singola sezione della famosa “Piramide di Maslow”, che gerarchizza i bisogni da quelli fondamentali (tipicamente sostentamento e sicurezza) a quelli più raffinati (come l’autorealizzazione o l’autostima). Possiamo trovare di tutto e di più, dallo scaldatazze collegato al Pc con presa Usb agli occhiali con potenziatore acustico integrato;  e lo possiamo trovare in tante versioni e fasce di prezzo. 

Non solo, possiamo trovare di tutto e lo possiamo comprare sempre e ovunque. Se dovessi avere l’urgenza, in prossimità del Natale, che mi venga recapitato un centro tavola di abete finto e renne lampeggianti, sarebbe facile trovare chi me lo consegna a casa mia, sui primi colli parmensi, in 24 ore. Non esiste nicchia di mercato o esigenza più sottile e raffinata che non sia coperta da un potenziale fornitore. Senza volere formulare alcun giudizio di valore in merito, possiamo parlare di capitalismo “ultra-maturo” che è stato in grado di occupare ogni millimetrico spazio di mercato con un’offerta adeguata. 

Quando parliamo, però, di settori e di beni caratterizzati da un alto “valore” (sia esso valore intrinseco legato alla qualità dei materiali o valore meramente emotivo), la vicenda si fa ulteriormente complicata: la differenza non la fa più o non la fa soltanto il prodotto, ma l’esperienza a esso associata. Pensate veramente che ciò che giustifica liste di attesa di oltre 24 mesi per acquistare certi modelli di orologi Rolex o una borsa Birkin di Hermès sia soltanto legato alla qualità delle meccaniche di precisione o al pregio dei pellami? 

Subentra un’altra dimensione, di natura aspirazionale ed esperienziale. Sono stato molto colpito alcuni anni fa dal successo che ebbe la mostra milanese del quadro “Dama con l’ermellino” di Leonardo, per la quale i biglietti in prevendita furono immediatamente esauriti e alcuni visitatori non esitarono a dormire davanti alla Pinacoteca di Brera pur di vederlo. Certo, stiamo parlando di un quadro molto bello e importante, abitualmente visibile soltanto a Cracovia, ma a poche decine di metri di distanza si possono ammirare lavori altrettanto significati del maestro rinascimentale senza che si creino mai file chilometriche per vederle… 

Stiamo entrando in un’economia delle esperienze. Dove i prodotti diventano delle commodities e dove ciò che fa realmente la differenza non sono le qualità primarie degli oggetti o servizi che compriamo, ma il carattere “unico” e “memorabile” dell’esperienza che viviamo legata al loro possesso o alla loro fruizione. 

Per noi che operiamo nel settore del private banking, questa evoluzione ha due implicazioni: la prima è capire come questo cambio di paradigma possa rappresentare un’opportunità di investimento o di diversificazione per i nostri clienti. La seconda, forse più impegnativa, è applicare a noi stessi i dettami di questa nuova frontiera del consumo, cercando di comprendere come rendere l’esperienza fatta nella nostra banca un fattore distintivo del nostro posizionamento. 

Come sempre, con questo numero di Be Private, non intendiamo fornire risposte definitive, ma suscitare domande e riflessioni a fronte di un mondo che cambia. Soltanto capendo le trasformazioni in atto si possono intercettare nuove opportunità e rendere meno “standardizzato” il mondo dei servizi di investimento. 

Buona lettura a tutti! 

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Responsabile Comunicazione Private Gruppo CREDEM

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